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I nuovi profili del diritto delle successioni: il caso dell’eredità digitale. Dott.ssa Lucia Delle Donne

01 dicembre 2021

L’eredità digitale è una delle nuove sfide dei giuristi, impegnati a definirne la regolamentazione: un compito per nulla semplice, dal momento che si è chiamati a mettere mano su una branca del diritto notoriamente restia alle novità, quale è quella delle successioni. Ma si sa: la società cambia e al diritto non rimane che adeguarsi.

1. Il patrimonio digitale e le problematiche dell’eredità digitale

Nella generazione dei nativi digitali, caratterizzata dall’affermarsi della tecnologia e della digitalizzazione, non c’è più spazio per il solo patrimonio tradizionale: oramai è necessario parlare anche di “patrimonio digitale”, inteso come l’insieme dei file (immagini, testi, audio, video, archivi digitali, corrispondenza elettronica), delle informazioni (software, siti internet, password e username, account), dei supporti fisici (hardware), delle criptovalute, dei diritti di proprietà intellettuale e di ogni qualsivoglia bene digitale, creati da una persona o sui quali la stessa può vantare una proprietà assoluta ed esclusiva(1).

Simili beni formano la cosiddetta “eredità digitale”, suscettibile di essere trasmessa mortis causa al pari di quella tradizionale ma che, a differenza di quest’ultima, può essere più complessa da ricomporre, vista la segretezza delle credenziali di accesso, l’immaterialità dei beni e la riservatezza della vita digitale dell’individuo.

Riguardo al primo profilo va detto che, una volta ricostruito il patrimonio digitale del de cuius e aver rinvenuto tutti i supporti di memorizzazione (CD-ROM, pendrive, DVD, personal computer, tablet, smartphone, ecc…), se questi strumenti sono protetti da chiavi di sicurezza, i chiamati all’eredità potrebbero avere delle difficoltà ad accedervi, motivo per il quale o si dovrà procedere per tentativi (inserendo le password comunemente usate dal defunto) oppure sarà necessario l’intervento di tecnici specializzati.

Maggiori criticità sono ravvisabili nell’ipotesi in cui siffatti beni siano contenuti in un account, ovvero in un profilo personale collocato all’interno di una piattaforma digitale (come i social network). Difatti, laddove non si fosse a conoscenza delle credenziali, l’unico modo per accertare l’esistenza dei dati ed entrarvi in possesso sarà avanzare formale richiesta di accesso alle aziende proprietarie di quegli spazi virtuali, in conformità di quanto disposto sia dall’art. 6, paragr. 1, lett. b) ed f), Regolamento UE n. 2016/679 (c.d. “GDPR”), relativo alla liceità del trattamento dei dati personali , sia dall’art. 2 terdecies, c. 1, D.lgs. n. 196/2003, come modificato dal D.lgs. n. 101/2018, inerente ai diritti riguardanti le persone decedute , sia dal contratto con il fornitore del servizio. In particolare, l’art. 2 terdecies, c.1 consente di ottenere l’accesso non solo a tutti i dati anagrafici del de cuius ma anche ad ogni informazione allo stesso riconducibile, e dunque alle sue foto, alla messaggistica, ai video, ai file audio ecc., superando quel discorso sulla tutela alla riservatezza del titolare e di terze persone, molto spesso invocata dalle società proprietarie degli account per rigettare le richiesta di accesso.

E proprio sulla scorta di una simile normativa, la giurisprudenza italiana (Tribunale di Milano, I sez. civ., ordinanza del 10/02/2021) si è espressa per la prima volta in merito alla richiesta dei genitori di un ragazzo, prematuramente deceduto, di accedere ai suoi dati personali, contenuti su un Cloud di proprietà di Apple (che si era opposta in virtù della legge americana), riconoscendo loro il diritto ad ottenere il recupero e la consegna degli stessi, dal momento che essi agivano “per ragioni familiari meritevoli di tutela”, risultando così essere portatori di un “legittimo interesse”, ex art. 6, paragr.1, lett f) Regolamento UE n.2016/679.

Circa il secondo aspetto connesso all’eredità digitale, ovvero l’immaterialità dei beni che la compongono, c’è poco da aggiungere rispetto a quello che l’immaginario comune può suggerire: il fatto che simili prodotti siano sprovvisti di materialità rischia di accentuare l’idea di una loro inconsistenza. Riguardo al terzo ed ultimo profilo inerente alla riservatezza della vita digitale del defunto, rileva che non sempre i chiamati all’eredità sono stati messi nella condizione di conoscere l’esistenza di siffatto patrimonio: difatti, mentre i conti correnti o gli immobili sono facilmente rintracciabili, non può sostenersi altrettanto per i beni digitali, generalmente conosciuti dal solo proprietario, che rischiano così di andare dispersi.

2. La trasmissione pianificata dell’eredità digitale

Così come è statuito per la successione tradizionale anche per l’eredità digitale è possibile pianificarne la trasmissione, ricorrendo a strumenti ad hoc quali: il testamento “intelligente”, l’esecutore testamentario, il legato di password e le piattaforme digitali.

2.1. Il testamento “intelligente”

Al pari della natura dei beni da trasmettere, digitale dovrebbe essere anche il testamento con il quale se ne disponga. Totalmente incompatibile con siffatti beni sarebbe, infatti, quello tradizionale dal momento che, sebbene rimanga segreto il contenuto sino alla sua apertura, una volta aperto e letto ne verrebbero a conoscenza soggetti diversi dai potenziali eredi e sarebbe messa a rischio la riservatezza dell’eredità digitale, così gravemente esposta.

Per tutelare la peculiare natura di questi beni si sta facendo strada l’idea di un testamento c.d. “intelligente”: è uno strumento inquadrabile tra gli smart contracts, ovvero quei protocolli digitali che facilitano, verificano e fanno rispettare la negoziazione o l’esecuzione di un contratto . Inserito all’interno di una blockchain, che funziona da grande registro di informazioni, esso entrerebbe in esecuzione in modo automatico una volta appresa la notizia della morte del testatore, la quale verrebbe trasmessa direttamente alla blockchain da un registro anagrafico nazionale (da implementare in futuro).

Senza dubbio, una soluzione del genere tutelerebbe la segretezza dei dati digitali, dal momento che non interverrebbero persone diverse dai chiamati all’eredità ma, allo stato dei fatti, rimangono in piedi alcune problematiche che ne impediscono la regolamentazione, quali la validità del testamento e le relative modifiche, la sua impugnazione, la tutela dei dati personali, la partecipazione alla blockchain di eredi e legatari, la sopravvivenza dei fornitori del servizio e dei fornitori dei contenuti digitali.

2.2. Il legato di password

Il legato di password è un legato atipico che consiste, mediante la consegna diretta di specifiche credenziali, nell’acquisizione dei diritti su quanto coperto da quelle chiavi di sicurezza. In verità, al pari del testamento tradizionale, anche questo strumento non garantisce una piena tutela della segretezza dei beni digitali, dal momento che non impedisce in alcun modo che terze persone vengano a conoscenza di simili dati.

2.3. L’esecutore testamentario

Altrettanto poco fruttuosa appare la figura dell’esecutore testamentario, persona di fiducia nominata dal de cuius a cui viene affidato l’incarico di curare la corretta esecuzione delle sue ultime volontà. Costui ha la facoltà di rinunciare ad un simile impegno, rendendo pertanto incerta la concreta attuazione delle disposizioni testamentarie.

2.4. Le piattaforme digitali

Uno strumento innovativo sono le piattaforme digitali create per ordinare e disporre dell’eredità digitale come “eLegacy”. Il servizio chiederà innanzitutto di provvedere alla compilazione automatica dell’inventario mediante la casella di posta elettronica, che è in grado di reperire tutte le tracce virtuali (iscrizioni a siti web, le newsletter e le applicazioni, ecc…). Dopodiché, l’utente dovrà dare disposizioni circa la propria eredità digitale, identificando i dati che hanno un valore economico, pratico e affettivo ed indicando i nomi dei beneficiari, nonché autorizzerà eLegacy ad eliminare tutto il resto in un’ottica green: difatti, ogni e-mail ed account consumano energia e generano circa 1650g di CO2 al giorno, al pari di quanti sono prodotti da un’automobile a benzina che percorre 15 km . Una volta morto l’utente, la società provvederà a disporre di quel patrimonio, in forza di un mandato digitale post mortem exequendum che è stato creato e sottoscritto attraverso un sistema di documenti informatici e di firme elettroniche. Attualmente, piattaforme come eLegacy sembrano essere il mezzo più idoneo a trasmettere l’eredità digitale, poiché sono le uniche ad operare nel pieno rispetto della riservatezza dei dati che la compongono.

Dott.ssa Lucia Delle Donne

Praticante Avvocato del Foro di Lecce

Partecipante al Legal Tech Contest per l'assegnazione della borsa di studio per la XII edizione del Corso di Formazione sul Processo Civile Telematico e sulla Giustizia Digitale

(1) V. Juristech,“Patrimonio digitale: cos’è e come trasmetterlo ai nostri eredi”, in https://juris-tech.it/identita-digitale/patrimonio-digitale-cose-e-come-trasmetterlo-ai-nostri-eredi/, 10/01/2020.

(2) V. Altalex.com, “Eredità digitale: cos’è e come si può trasmettere”, in https://www.notaioricciardi.it/UFFICIO/Successioni_Donazioni/eredit%C3%A0%20digitale%20(altalex).pdf, 18/06/2020.

(3) Contestualmente alla richiesta, dovrà essere provato: il decesso del de cuius, il titolo in forza al quale si agisce e la riconducibilità del dante causa al servizio digitale cui si avanza istanza.

(4) Ai sensi dell’art. 6, paragr.1, lett. b) il trattamento dei dati personali dell’interessato (ovvero dell’erede) è lecito poiché necessario al fine di eseguire un contratto (quello della fornitura di servizi o di un bene digitale) di cui egli è parte, posto che vi è subentrato in qualità di avente causa; nonché, in virtù della lett. f),  il trattamento è indispensabile per il perseguimento di un interesse legittimo del titolare del trattamento o di terzi,  e gli eredi sono tendenzialmente portatori di un interesse legittimo, quale può essere la tutela di quei dati digitali rimasti sprovvisti del loro titolare.

(5) Legittimati ad esercitare i diritti delle persone decedute sono coloro i quali abbiano un interesse proprio o agiscano a tutela del dante causa, in qualità di suo mandatario o per ragioni familiari meritevoli di tutela. Questa facoltà è loro concessa solo nell’ipotesi in cui il de cuius non abbia lasciato alcuna dichiarazione scritta al titolare del trattamento con cui abbia disposto l’intrasmissibilità dei dati alla sua morte.

(6) V. Altalex.com, “Eredità digitale: cos’è e come si può trasmettere”, op.cit.

(7) V. Avv. Andrea Maggipinto Studio Legale AMLAW, “Smart contracts: cosa sono e come funzionano?”, in https://www.maggipinto.eu/smart-contracts-cosa-sono-e-come-funzionano/, 12/12/2019.

(8) V. Network Lex Lawyers & IT Specialists, “Il testamento intelligente: eredità digitale, blockchain e smart contracts”, in https://www.networklex.it/post/il-testamento-intelligente-eredit%C3%A0-digitale-blockchain-e-smart-contracts, 11/02/2020.

(9) V. eLegacy.app, in https://www.elegacy.app/

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